weave

Weave Magazine nasce dal desiderio di raccontare storie, di far scoprire alle persone la meraviglia della moda artigiana, etica e sostenibile in chiave contemporanea, fresca, innovativa; ma anche dalla necessità di riscoprire la bellezza del rallentare, in aperto contrasto con il turbine rapido della società moderna.

Weave come weaving, ovvero intrecciare, tessere, creare relazioni e reti fatte di persone, progetti, storie di imprenditoria virtuose: un prezioso capitale culturale che difficilmente trova spazio nei mezzi di comunicazione istituzionali, e che rappresenta invece un sottosuolo fertile che merita di essere scoperto dai più.

Ma anche w(e)ave, come quell’onda di rinnovamento che è necessario cavalcare, guardando oltre e lasciandosi ispirare da storie che parlano sostenibilità, buone pratiche, innovazione e valori autentici, necessari e condivisi.

I suoi contenuti spaziano tra arte, fotografia e design; focus su aziende e sbirciatine al dietro le quinte della moda si intrecciano tra le pagine colorate di questa rivista. Voci di esperti e penne di nuove leve si fondono insieme per una piccola rivoluzione mediatica.

È il nostro piccolo contributo per risvegliare coscienze a suon di bellezza.

03 – THE DARK SIDE VS. THE BRIGHT SIDE OF SUSTAINABILITY

La parola sostenibilità è entrata nel linguaggio comune, talmente usata, storpiata e abusata da aver perso il suo significato originale. Un concetto vitale ridotto a brandelli, svuotato, piegato a usi impropri — tanto da metterci quasi in imbarazzo e generare diffidenza, o perfino fastidio, quando la sentiamo pronunciare. Sotto il grande cappello della “moda sostenibile” si nascondono insidie, non detti, facciate rassicuranti che celano dinamiche molto care al mondo della moda e da cui la Moda non riesce a liberarsi, nemmeno quando proclama le sue migliori intenzioni.

Si continua a investire nei posti sbagliati, a sbandierare un’innovazione fine a se stessa, a celebrare le micro-azioni di imprese gigantesche facendo finta di non vedere l’elefante nella stanza: un sistema malato, che per sua indole e intenzione non può evitare di guardare al pianeta e alle persone con uno sguardo agghiacciante e predatorio. Uno sguardo che dice: “o ti trasformo in profitto, o non vali nulla”. Ecco, dunque, il paradosso: usiamo la parola sostenibilità come fosse un cerotto magico, capace di sanare ogni ferita generata da un modello che invece andrebbe messo in discussione alle radici, decostruito, ripensato. Smontiamo e de-significhiamo la “sostenibilità” per adattarla al sistema, sapendo — in fondo — che la sostenibilità, quella autentica, ne è forse l’antitesi. L’esatto opposto.

Ecco, per noi, il lato oscuro della sostenibilità, che in questo numero abbiamo sviscerato e guardato apertamente: domande scomode, risposte oneste (e non a favore di camera), riflessioni taglienti di professionisti del settore e “insider” che affrontano con lucida onestà temi spesso trattati con superficialità o leggerezza, per non disturbare la visione dominante (o quella socialmente più accettabile); approfondimenti su tutti i “non detti” che, finalmente, vengono messi nero su bianco.

A questo lato oscuro, però se ne contrappone uno luminoso, fatto di esempi concreti, esperimenti, tentativi di restituire significato e bellezza a questa tanto martoriata parola: sostenibilità. Una forza potente, “ostinata e contraria”, fatta di luce, colore, saper fare, creatività e nuove visioni. Un’energia che nasce dal desiderio di uscire dalle regole e raccontare una versione diversa — e possibile — della storia.
La bright side della sostenibilità è già qui. Spesso oscurata, certo, ma viva e vivida. E in questo numero prende voce attraverso immagini, fotografie, illustrazioni e parole di chi non aspetta che la sostenibilità venga imposta dall’alto, ma la sceglie ogni giorno come direzione e orizzonte.

NON PERDERTI QUESTO NUOVO NUMERO DI WEAVE!

Forza conservativa di attrazione a
distanza,
la gravità:

è quella che ci regge in piedi
o quella a cui opponiamo quotidianamente
resistenza
per camminare a testa alta in questo
mondo?

“I am what I am, I am my own special creation…”*


Io sono io. E non una sola, ma tutte quelle che abitano in me.
Io sono quello che ti voglio far vedere, quello che ti voglio raccontare,
quello che mi diverto ad interpretare con gli abiti o con il trucco che decido di indossare.

Specchi che riflettono, che nascondono, che ingannano.
Specchi con i quali giocare, ballare, scoprirsi o costruirsi un’altra identità.
Specchi che doppiano, scompongono e fanno a pezzi…

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Guya, Marina e Valeria.